Freud: gli sviluppi della psicoanalisi

Le prime critiche e gli allievi dissidenti

Dopo la pubblicazione de L'interpretazione dei sogni (1900), la psicoanalisi rimane per anni legata a Sigmund Freud, che continua a discutere con il suo amico Wilhelm Fliess. Pian piano, però, altri medici viennesi iniziano a interessarsi alla nuova scienza e, dal 1902, cominciano a partecipare alle riunioni settimanali di Freud a casa sua. Queste riunioni continuano fino al 1907, quando viene fondata la prima Società psicoanalitica. Tra i membri ci sono Alfred Adler, Carl Gustav Jung e Ludwig Binswanger, due psichiatri che lavorano a Zurigo.

Nel 1910, con l’aumento degli aderenti alla psicoanalisi, viene creata la Società psicoanalitica internazionale, che riunisce le varie associazioni nate in altri paesi. Jung viene visto come il successore naturale di Freud alla guida del movimento.

Tuttavia, con il successo arrivano anche le critiche. In Germania, la psicoanalisi viene vietata, e molti professionisti la accusano di dare troppa importanza alla sessualità e di diffondere un messaggio negativo sull’essere umano, concentrandosi troppo sulle sue perversioni. Nel 1905, quando Freud pubblica i Tre saggi sulla sessualità, scoppia uno scandalo in tutta Europa, con molte persone che protestano contro di lui.

Anche tra gli amici di Freud iniziano a sorgere divergenze. Tra il 1911 e il 1913, nascono due movimenti dissidenti all’interno della Società psicoanalitica, guidati da Adler e Jung. Freud si preoccupa, perché queste correnti rifiutano alcune idee fondamentali della psicoanalisi. Nonostante ciò, Freud pensa che queste divisioni non danneggeranno la psicoanalisi nel suo complesso. Tuttavia, il numero dei dissidenti cresce e, nel 1913, durante il Congresso di Monaco, la situazione diventa difficile. Jung rompe definitivamente con Freud, costringendolo a scrivere una polemica Storia del movimento psicoanalitico, in cui critica i suoi ex collaboratori.

Per cercare di risolvere la situazione, Freud decide di creare un "Comitato ristretto" formato dai suoi amici più fidati, che insieme a lui dovranno proteggere i principi fondamentali della psicoanalisi. Un anno dopo, scoppia la Prima guerra mondiale, ma la psicoanalisi riesce a sopravvivere e continua a svilupparsi. Alla fine del conflitto, Freud ha 62 anni e la psicoanalisi è ormai un pilastro della cultura scientifica mondiale.

Nei prossimi paragrafi, parleremo delle teorie di Adler e Jung, che hanno creato scuole psicoanalitiche autonome e alternative a quella di Freud.

 

Adler e la volontà di potenza

Alfred Adler (1870-1937), medico e psicologo viennese, divenne uno dei principali collaboratori di Freud dal 1902, co-fondando la Società psicoanalitica e scrivendo per il suo giornale. Tuttavia, le sue idee cominciarono a differire da quelle di Freud, e nel 1910 Adler, insieme ad altri sei psicoanalisti, fondò la "Società di psicologia individuale comparata", dando vita a una sua visione teorica e terapeutica.

Adler rifiutava l’idea di Freud secondo cui la libido fosse solo una questione sessuale. Per lui, la libido era parte di un impulso più grande, che chiamò «volontà di potenza», un desiderio di autoaffermazione. Questo impulso è presente sin dall'infanzia, quando i bambini, a causa della loro debolezza fisica, provano un forte sentimento di inferiorità e hanno bisogno di protezione. Adler definì questo sentimento "sentimento di inferiorità", che è un normale sentimento di insicurezza che i bambini provano davanti a persone più grandi e forti. Se l'ambiente aiuta, il bambino può superare questo sentimento e svilupparsi positivamente. Se l'ambiente è negativo, però, il bambino può sviluppare un "complesso di inferiorità", che è una condizione patologica.

Adler sosteneva che non si può capire una persona senza considerare la sua vita sociale e i suoi rapporti con gli altri. La terapia deve tenere conto delle sue interazioni sociali, dei suoi obiettivi nella vita e dei suoi progetti. La persona normale, nel suo percorso, cerca di superare il sentimento di inferiorità con obiettivi che può realizzare senza conflitti con la famiglia o la società. Questi obiettivi potrebbero essere fama, ricchezza, felicità, ecc., e le persone si comportano in modo da raggiungerli, tenendo conto anche delle aspettative familiari e sociali.

Nel caso della persona patologica, invece, il sentimento di inferiorità è molto forte, e la persona cerca rifugio in sogni e fantasie, invece di affrontare la realtà. La terapia adleriana si concentra sul comprendere queste fantasie e aiutare il paziente a ristrutturare il suo rapporto con la realtà. Il terapeuta lavora per scoprire i falsi obiettivi del paziente e aiutarlo a trovare obiettivi più sani e stimolanti per la sua vita.

 

Jung e i suoi modelli culturali

Carl Gustav Jung (1875-1961) è un famoso psicologo, psicoterapeuta e psichiatra svizzero, la cui opera continua a suscitare interesse e dibattito anche oggi. È un pensatore molto eclettico, che esplora testi di vari tipi, sia occidentali che orientali, antichi e moderni. Tra i suoi autori preferiti ci sono Goethe, Schopenhauer e Nietzsche. A Jung piaceva il Faust di Goethe, perché secondo lui il personaggio del diavolo (Mefistofele) rappresenta un aspetto psicologico importante della cultura occidentale. Ammirava Schopenhauer per il coraggio con cui parlava del dolore e del male, temi che molti filosofi evitano. Inoltre, si ispirava a Così parlò Zarathustradi Nietzsche, che vedeva come un modello per indicare all’uomo come ritrovare la propria "anima". Jung era anche interessato a Kant, che aveva studiato la ragione umana e l'aveva paragonata a un'isola circondata dall'oceano di ciò che non conosciamo, suggerendo che la psiche umana è vasta e sconosciuta.

Durante gli anni di medicina a Basilea, Jung si dedica a un'ampia varietà di studi, dalla scienza all’arte, e si interessa anche allo spiritismo. È particolarmente affascinato dai miti greci, orientali e africani. Nel suo libro Trasformazioni e simboli della libido, pubblicato nel 1911 e nel 1912, Jung confronta la lettura dei miti con il modo in cui ascolta i pazienti, trattandoli come se fossero sogni o visioni del passato.

Jung distingue due tipi di pensiero: il "pensare indirizzato", che è logico e scientifico, e il "fantasticare", che è irrazionale e visivo, tipico della mitologia. Crede che dobbiamo riscoprire il pensiero fantastico degli antichi, che i moderni hanno svalutato, per poter interpretare meglio le immagini e le fantasie dei pazienti.

Jung criticava Freud per il suo approccio troppo naturalistico e biologico della psiche, che secondo lui non considerava abbastanza la dimensione spirituale e culturale dell'uomo. Dopo che si separò da Freud, Jung presentò il suo metodo psicologico, chiamato "sintetico o costruttivo", come alternativa al metodo di Freud, che riduceva i problemi psicologici a cause e pulsioni primarie. Jung sosteneva che l’approccio di Freud mancava del significato vitale della psiche, proprio come se si studiassero solo i materiali di una cattedrale gotica senza considerare il suo valore spirituale e morale.

Nel prossimo paragrafo, vedremo più in dettaglio come i due pensatori si separano, soprattutto riguardo alla concezione della libido.

 

I motivi del distacco da Freud

Inizialmente, Jung concorda con Freud sull'idea che per capire le malattie mentali sia necessario esplorare la storia personale del paziente, cercando di capire come le pulsioni sessuali vengano rimosse nell'inconscio. Tuttavia, presto Jung si rende conto che non si può spiegare tutto solo con la sessualità. Per lui, la sessualità non può essere vista come l’aspetto centrale della psiche, da cui derivano le nevrosi.

Jung quindi cambia la sua idea di libido, che non è più solo energia sessuale, ma diventa qualcosa di più ampio. La definisce come un'energia vitale che si trova in tutti gli esseri viventi, simile all'idea di "élan vital" di Henri Bergson, cioè una forza dinamica che permette la sopravvivenza degli individui e della specie. Jung scrive che la sessualità ha sicuramente un ruolo nella sua psicologia, ma non è l'unico aspetto. Il suo obiettivo è andare oltre la funzione biologica della sessualità per esplorarne il significato spirituale e sacro.

Per Jung, la libido è la forza che muove ogni comportamento umano, compresa la sessualità, ma non solo quella. È una continua volontà di esistere. Rispetto a Freud, questa è una differenza importante: la libido non è solo un istinto sessuale, ma è una forza psicologica complessa, che può essere anche spirituale, e che contribuisce al progresso culturale.

Partendo da questa nuova visione, Jung spiega che è importante studiare le "trasformazioni" della libido. Da bambini, la libido è legata ai bisogni fisici come il nutrimento, ma crescendo si evolve verso nuove direzioni, compresa la sessualità, e poi si sviluppa in funzioni più complesse come l'arte, la letteratura e la religione. L'energia libidica può anche essere diretta verso obiettivi immateriali, ed è alla base delle grandi civiltà.

Tuttavia, questa energia può anche essere bloccata e deviare, causando regressioni verso comportamenti infantili. Jung crede che le nevrosi non derivino solo da eventi dell'infanzia (come pensava Freud), ma dall'incapacità dell'individuo di adattarsi ai cambiamenti della realtà. Nella nevrosi, prevale il desiderio di rifugiarsi in vecchie abitudini o in comportamenti infantili, come cercare una figura protettiva come la madre. Questo porta a un conflitto psicologico, dove il soggetto non riesce a rispondere adeguatamente alle nuove sfide e bisogni della vita.

 

La nozione di “inconscio collettivo” e la funzione degli archetipi

Un'altra grande differenza tra le idee di Jung e Freud riguarda il concetto di inconscio. Jung crede che oltre all'inconscio personale, che è legato alla storia individuale, ci sia anche un inconscio collettivo, che è trasmesso geneticamente. Questo inconscio collettivo contiene immagini e simboli comuni a tutta l'umanità, frutto della storia e delle esperienze condivise. A differenza dell'inconscio personale, che si sviluppa durante la vita di ogni individuo, l'inconscio collettivo è ereditario e appartiene a tutti. Esso non è fatto solo di esperienze rimosse, ma di archetipi, che sono immagini e simboli universali, che esistono prima della nostra esperienza.

Alcuni esempi di archetipi sono la "Persona", l'"Ombra", l'"Animus" o "Anima" e il "Sé". La Persona è l'aspetto di noi che mostriamo agli altri, simile alla "maschera" che indossano gli attori in scena. È ciò che vogliamo che gli altri vedano di noi, in linea con le aspettative sociali. L'Ombra, invece, rappresenta la parte di noi che rifiutiamo o nascondiamo, perché non rispecchia i valori sociali o razionali. Però, non è solo qualcosa di negativo: riconoscere e integrare l'Ombra ci permette di crescere psicologicamente. Jung dice che affrontare la propria Ombra è una prova difficile, perché spesso proiettiamo le cose che non ci piacciono sugli altri invece di guardarle dentro di noi. Solo quando siamo capaci di affrontarla possiamo cominciare a conoscere il nostro inconscio personale.

L'Animus è l'immagine dell'uomo che c'è nella donna, mentre l'Anima è l'immagine della donna nell'uomo. Questi archetipi rappresentano la parte opposta della Persona, quella più intima e privata. Se la Persona e l'aspetto "animico" (Animus o Anima) sono in equilibrio, l'individuo può vivere in armonia, seguendo sia il proprio ruolo sociale che le proprie pulsioni interiori. Ma se una delle due parti viene negata, può sorgere un conflitto. Ad esempio, un uomo molto virile potrebbe nascondere i suoi tratti femminili, che finirebbero per emergere nell'inconscio.

Infine, il Sé è l'aspetto più profondo della personalità, che unisce la parte cosciente e quella inconscia. Mentre l'Io è ciò che siamo consapevoli di essere e agisce nella vita quotidiana, il Sé è l'insieme completo della psiche, che include sia gli aspetti consci che quelli inconsci, e rappresenta l'integrità dell'individuo.

 

Il processo di individuazione

L'obiettivo degli esseri umani e della terapia "analitica" di Jung è raggiungere il Sé, un processo che richiede di superare i conflitti interiori attraverso un lungo lavoro di individuazione. Questo significa integrare e unificare le diverse parti della personalità, passando per momenti di crescita e regressione, nel tentativo di trovare un equilibrio tra le varie componenti.

Ogni persona vive un conflitto tra razionalità e irrazionalità: da un lato vuole controllare la propria vita e liberarsi dalle pulsioni primordiali, dall'altro tende a tornare a uno stato di dipendenza da queste pulsioni. Questa opposizione causa sofferenza psicologica, ma, secondo Jung, può essere risolta solo se si accetta l'intervento dell'inconscio collettivo e ci si apre agli archetipi, abbandonando il controllo razionale.

Ad esempio, se una persona affronta un periodo difficile della vita e sogna o incontra una figura come l'Ombra, che rappresenta gli aspetti nascosti della sua personalità, questo può essere molto significativo. Se viene riconosciuta, l'Ombra può aiutare a scoprire aspetti di sé ignorati o rimossi, come emozioni non espresse, permettendo di espandere la coscienza e di affrontare meglio le difficoltà.

Gli archetipi sono modelli di comportamento nuovi che aiutano la persona a superare le difficoltà interiori e a rinascere. A differenza di Freud, che vedeva il simbolo come il segno di pulsioni nascoste legate al passato, Jung crede che il simbolo rappresenti una possibilità di crescita psicologica, un modo per risolvere il conflitto tra le diverse parti della personalità. L'inconscio, quindi, non è solo un deposito di esperienze passate, ma anche una guida preziosa, ricca di saggezza per vivere meglio.

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