L’alienazione e il materialismo storico

L’analisi della religione

Marx apprezza l’analisi filosofica di Feuerbach, che aveva individuato l’origine umana della religione e dell’idea di Dio, mostrando come la fede abbia un aspetto conservatore. Inoltre, Feuerbach aveva spostato la filosofia dall’astrazione alla realtà dell’uomo, inteso come essere naturale e sociale. Tuttavia, Marx ritiene che l’analisi di Feuerbach non sia sufficiente, perché non spiega davvero perché gli uomini creano Dio, proiettando in lui le loro qualità fondamentali, quelle che fanno parte dell’essenza umana. Secondo Marx, gli uomini creano un principio religioso esterno (Dio) perché sono insoddisfatti della realtà in cui vivono. La religione, infatti, è una risposta al bisogno di consolazione dell’uomo oppresso e sofferente nella società. Quando gli uomini non riescono a realizzarsi nella vita terrena, inventano una dimensione immaginaria in cui riversano le loro speranze di felicità. La religione è, quindi, “la coscienza capovolta del mondo” e anche “l’oppio del popolo”, che cerca nella fede una sorta di rifugio, simile a una droga, per sopportare meglio la propria condizione.

A differenza di Feuerbach, Marx pensa che non sia la religione a creare sfruttamento e dipendenza, ma che sia proprio la condizione di sfruttamento a spingere gli uomini a creare una dimensione religiosa per potersi rifugiare in essa e continuare a vivere. Per Marx, quindi, non basta abolire la religione per eliminare l’oppressione, come pensava Feuerbach. Bisogna trasformare la realtà, combattere l’ingiustizia e la disuguaglianza in modo che l’uomo non abbia più bisogno di trovare consolazione nella religione. In altre parole, per migliorare la vita degli uomini, bisogna passare dalla critica della religione a quella della società e dei rapporti di potere ingiusti. Questi temi sono al centro del pensiero di Marx, soprattutto nei Manoscritti economico-filosofici del 1844.


L’alienazione dal prodotto e dall’attività lavorativa

Uno dei primi problemi che Marx affronta è quello di capire le cause profonde dell’alienazione, un concetto che Feuerbach aveva visto solo sotto il punto di vista religioso. Marx mostra che l’alienazione è strettamente legata alle condizioni economiche e sociali degli operai. Innanzitutto, Marx dice che l’alienazione non è un fenomeno “spirituale”, come quando una persona si lega alla religione o si sottomette alla Chiesa, ma è qualcosa di concreto, una “disumanizzazioneche si verifica nei rapporti di lavoro nella società capitalistica.

Marx individua quattro aspetti principali dell’alienazione dei lavoratori. Il primo riguarda il fatto che l’operaio è alienato dal prodotto del suo lavoro. Nel sistema capitalistico, infatti, il lavoratore produce oggetti che non gli appartengono e di cui non può godere, perché vanno a un altro, il capitalista. Il frutto del suo lavoro diventa qualcosa di estraneo a lui, aumentando la sua condizione di dipendenza e sfruttamento. In pratica, l’operaio viene annullato dal suo lavoro, al punto che la sua fatica non porta alcun beneficio a lui, nemmeno per vivere. Il secondo aspetto riguarda l’alienazione rispetto alla propria attività lavorativa. Non solo il prodotto del suo lavoro, ma anche la sua capacità di lavorare, la sua “forza-lavoro”, è di proprietà del capitalista. Il capitalista può disporne come vuole, imponendo orari e obiettivi solo in base ai suoi interessi, senza preoccuparsi del benessere del lavoratore. Il lavoro diventa quindi forzato, obbligatorio, e l’operaio è costretto a vendere la propria forza-lavoro perché la sua classe vive in povertà crescente. In questo modo, l’operaio diventa un oggetto, una merce, di proprietà di un altro uomo.

Va notato che, nel periodo che Marx e Engels osservano, le condizioni di lavoro erano molto dure: le ore lavorative potevano arrivare fino a dodici ore al giorno o più, e gli ambienti di lavoro erano spesso sporchi e malsani, con scarse protezioni sindacali per i lavoratori.


L’alienazione dell’operaio dalla propria essenza e dai propri simili

La conseguenza più grave di questa situazione è che l’operaio viene privato di qualcosa che fa parte della sua stessa natura. Questo è il terzo tipo di alienazione, un aspetto importante che mostra come Marx consideri il lavoro come un’attività fondamentale per l’uomo. Secondo Marx, infatti, l’uomo realizza pienamente la propria essenza attraverso il lavoro, che gli permette di trasformare la natura e creare un mondo che ha senso per lui e per gli altri. Tuttavia, nel sistema capitalistico, il lavoro perde questa dimensione positiva: non è più un modo per esprimere la libertà e la creatività, ma diventa uno strumento di sfruttamento che riduce l’operaio a una cosa e lo fa progressivamente diventare meno umano.

Infine, c’è un altro tipo di alienazione, che si lega a quelli precedenti: l’alienazione dell’operaio nei confronti degli altri esseri umani. Nel sistema capitalistico, infatti, il lavoratore è escluso da una vita sociale davvero umana, quella in cui può godere dei frutti del suo lavoro e condividerli con gli altri, vivendo in un rapporto libero e produttivo con gli altri. Invece, il lavoratore salariato si rapporta solo con il capitalista, che non è solo proprietario del prodotto del lavoro, ma anche dell’attività del lavoratore, quindi della sua vita e della sua umanità.


Il superamento dell’alienazione

Marx, nelle sue prime analisi sulla condizione degli operai, capisce che per uscire dalla situazione di alienazione e sfruttamento non basta solo criticare la situazione, creare teorie o sperare che queste influenzino i governanti. Bisogna, invece, cambiare le basi materiali della società, cioè i rapporti che causano lo sfruttamento.

La causa dell’alienazione, secondo Marx, sta nel sistema della proprietà privata, che nasce dalla divisione del lavoro. Nei tempi antichi, l’uomo viveva in armonia con la natura, ma col tempo, l’attività lavorativa ha trasformato la realtà, creando una vita più complessa e organizzata. Per soddisfare bisogni sempre più complicati, è nata una produzione diversificata, con una divisione tra il lavoro manuale e quello intellettuale. Questa divisione ha separato la società in classi e ha creato disuguaglianze. Da un lato, la divisione del lavoro ha generato progresso e ricchezza, ma dall’altro ha provocato disuguaglianze. La minoranza dei capitalisti possiede i mezzi di produzione (come le macchine e le terre) e anche gli operai, ridotti a “oggetti” e privati della loro umanità.

Marx sostiene che, se l’alienazione dipende dallo sfruttamento, per superarla bisogna eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Questo significa distruggere il sistema borghese e le sue istituzioni, che si basano sulla libertà individuale, ma in realtà giustificano l’egoismo e l’individualismo. Nel sistema borghese, infatti, tutti sono uguali davanti alla legge, ma nella realtà sociale ed economica, le disuguaglianze sono evidenti.

Marx critica anche chi propone di riformare le istituzioni borghesi, come facevano alcuni socialisti francesi. Secondo lui, il problema è nei principi stessi della società, quindi non basta riformare le leggi. Bisogna fare una “rivoluzione sociale” con i lavoratori sfruttati come protagonisti, per distruggere lo Stato borghese e creare una nuova società “comunista”, dove la proprietà privata dei mezzi di produzione e la divisione in classi vengono aboliti.


La critica alle posizioni della sinistra hegeliana

Il tema di come superare l’alienazione e come realizzarlo è la causa principale del distacco tra Marx e il gruppo degli hegeliani di sinistra, con cui inizialmente aveva collaborato negli anni a Parigi. Marx li critica, accusandoli di fare solo discorsi filosofici senza agire concretamente, e di limitarsi a “combattere le parole” invece di affrontare la realtà. Questi pensatori, tra cui Feuerbach, riconoscono l’importanza di criticare la realtà per cercare di cambiarla, rifiutando l’idea di Hegel che giustificava le istituzioni esistenti. Essi credono che la filosofia e la teoria possano portare al cambiamento della società e al miglioramento della vita, e che una rivoluzione delle idee sia necessaria per arrivare a una rivoluzione materiale. Marx, invece, sostiene che se si tenta di cambiare la realtà solo attraverso il cambiamento delle idee, si commette lo stesso errore di Hegel. Hegel aveva invertito i rapporti tra il soggetto e l’oggetto, tra lo spirituale e il materiale, facendo sembrare la realtà una semplice espressione dell’idea. Per Marx, il miglioramento delle condizioni sociali e materiali non dipende dalle idee o dalla filosofia, ma dall’azione pratica e dalla rivoluzione. Marx spiega meglio questa convinzione nella sua opera L’ideologia tedesca, dove sviluppa la sua teoria del “materialismo storico”.


La concezione materialistica della storia

La visione materialistica della storia di Marx si basa su una concezione particolare dell’essere umano, che Marx sviluppa combinando le idee di Feuerbach e Hegel. Secondo Marx, Feuerbach aveva giustamente messo l’accento sull’individuo concreto, ma aveva sbagliato a considerarlo come un essere naturale, passivo e immutabile, senza tenere conto della sua storia e della sua socialità. Inoltre, Feuerbach vedeva la realtà sensibile come qualcosa di già dato, senza considerarla come il risultato dell’attività umana. D’altra parte, Hegel aveva capito che l’essenza dell’uomo e della realtà è dialettica, cioè in continuo cambiamento, ma aveva ridotto tutto lo sviluppo storico a un processo ideale, facendo dello spirito l’unico protagonista della storia. Marx, invece, pensa che bisogna riprendere la visione dialettica di Hegel, ma correggerla con la teoria di Feuerbach. Per Marx, l’uomo è un essere “concreto” e “storico”, che si sviluppa in base alle condizioni materiali in cui vive.

Queste idee portano alla formulazione del materialismo storico, che vede le forze che muovono la storia non come spirituali, ma come materiali. In altre parole, la storia è un processo che cambia nel tempo, spinto da dinamiche sociali ed economiche, e si sviluppa attraverso la trasformazione dei modi di produzione, cioè i modi in cui gli esseri umani soddisfano i propri bisogni.

Il compito di Marx con la sua filosofia è di capire come si muove la storia e di analizzarla in modo oggettivo e scientifico, eliminando le ideologie che mascherano la realtà.

Secondo Marx, la cultura è uno strumento ideologico di potere, perché riflette gli interessi della classe dominante, che crea una visione distorta della realtà per difendere i propri interessi. Un esempio di ideologia per Marx è la filosofia idealistica, che separa la storia dai rapporti materiali di produzione e la interpreta come una successione di idee politiche, filosofiche e religiose, giustificando così le istituzioni esistenti.


I rapporti fra struttura e sovrastruttura

Per Marx, la “base materiale” della storia è il motore che spinge i cambiamenti sociali ed economici. Questa base è rappresentata dai “modi di produzione”, che sono i modi in cui le diverse epoche storiche producono beni. I modi di produzione sono composti da due elementi principali: le forze produttive e i rapporti di produzione. Le forze produttive sono tutto ciò che serve per produrre: la forza-lavoro (cioè la capacità degli operai di lavorare), i mezzi utilizzati (come macchine, utensili e materie prime) e le conoscenze tecniche e scientifiche. I rapporti di produzione, invece, riguardano come è organizzato il lavoro e le relazioni tra le persone che partecipano alla produzione, come tra i capitalisti (i proprietari) e gli operai. Questi rapporti stabiliscono come vengono usati i mezzi di produzione e chi ne possiede la proprietà. Nel capitalismo, ad esempio, il capitalista possiede tutto, compresi gli operai, e controlla l’intero processo di produzione. L’insieme di questi elementi forma ciò che Marx chiama la “struttura” della società, cioè la sua parte economica. La struttura economica determina la “sovrastruttura”, che include tutto ciò che riguarda la cultura, come le idee morali, scientifiche, artistiche, politiche, giuridiche e religiose. Questi prodotti culturali non sono indipendenti dalla base economica, ma sono il riflesso dei rapporti di produzione in una determinata epoca storica. Un esempio di questo cambiamento riguarda la famiglia. In passato, quando l’economia era agricola, la famiglia era patriarcale, con il potere concentrato nel padre e il primogenito che ereditava la terra. Il numero di figli era importante perché erano necessari per il lavoro nei campi. Con il progresso dell’economia e il cambiamento verso forme più moderne, la struttura familiare è cambiata, diventando meno patriarcale, con meno figli e più autonomia per i giovani.

Marx però evita di considerare il rapporto tra struttura e sovrastruttura in modo troppo meccanico. Crede che anche la cultura e le idee possano influenzare la struttura economica, creando effetti che possono portare a cambiamenti sociali. Ad esempio, le idee e la cultura possono aiutare i lavoratori a sviluppare una coscienza di classe e spingerli a trasformare la società. Marx suggerisce che il rapporto tra struttura e sovrastruttura è un principio utile per analizzare la storia e formulare piani politici, ma non deve essere visto come una regola rigida.


La dialettica materiale della storia

Gli elementi che compongono la struttura economica di una società non sono fissi. In realtà, la struttura è in continuo cambiamento, ed è questo dinamismo che dà forma alla storia. Il cambiamento dipende dalla relazione tra le forze produttive (ciò che permette la produzione) e i rapporti di produzione (le relazioni tra chi lavora e chi possiede i mezzi di produzione).

Marx sostiene che, in ogni periodo storico, le forze produttive sono collegate a determinati rapporti di produzione che sono adatti a far funzionare quel tipo di produzione. Per esempio, nel Medioevo, l’agricoltura era legata ai rapporti di produzione feudali, che erano funzionali per quel tipo di economia. Tuttavia, può capitare che le forze produttive crescano troppo velocemente rispetto ai rapporti di produzione, creando un conflitto tra i due. In pratica, le forze produttive diventano troppo avanzate per i vecchi rapporti di produzione, che le limitano. Marx fa un esempio: i rapporti di produzione sono come un guscio che protegge le forze produttive. Quando queste ultime si sviluppano completamente, è necessario rompere il guscio (cioè i vecchi rapporti di produzione), e questo atto di rottura è la rivoluzione.

Le forze produttive in crescita sono legate a una classe sociale che sta diventando più potente, mentre i rapporti di produzione sono al servizio della classe dominante. Quando le forze produttive e i rapporti di produzione entrano in conflitto, si crea una lotta di classe, e la rivoluzione porta alla sostituzione della classe dominante con una nuova, che vuole cambiare i vecchi rapporti di produzione. Un esempio storico di questo è la Rivoluzione francese, quando la borghesia si ribellò contro il sistema feudale che impediva il suo sviluppo. Ogni volta che c’è un conflitto tra le forze produttive e i rapporti di produzione, la classe dominante viene sostituita da una nuova classe dominante che rappresenta le forze produttive più avanzate.

Marx crede che anche nel sistema capitalista ci sarà una lotta crescente tra il proletariato (i lavoratori) e la borghesia (i capitalisti). Con il tempo, il conflitto tra queste due classi diventerà sempre più intenso, fino a quando la classe oppressa riuscirà a ribaltare il sistema.

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